Riportiamo integralmente l’intervista a Beppe apparsa sul periodico Salire del CAI Regione Lombardia
MONTAGNATERAPIA: LA MONTAGNA come risorsa pedagogica
L’ESPERIENZA DI “PASSAGGIO CHIAVE”
Intervista a Beppe Guzzeloni Istruttore di alpinismo di Alpiteam, Scuola di Alpinismo Lombarda
di Isabella Minelli – Sez. di Milano
“Passaggio Chiave” è nata nel 2013 come attività di montagnaterapia a supporto delle dipendenze.
Specificatamente è composta da una rete che accoglie in sé l’esperienza tecnico-didattica di Alpiteam e l’attività terapeutica e pedagogica di comunità e servizi come l’Arca di Como, Dianova
sedi di Garbagnate e Cozzo Lomellina, Il Molino della Segrona, Il Progetto di Castellanza, la Solaris di Triuggio, il Sert di Monza (Ats e Asst) e di Lecco, i Noa di Vimercate e di Baranzate. Nel loro
programma riabilitativo e di cura hanno inserito l’andare in montagna come “strumento educativo”.
Beppe Guzzeloni è stato uno dei protagonisti di questo progetto sin dagli esordi, ancor di più ha svolto attività di” montagnaterapia” dal 1985, ancor prima che fosse coniato questo termine (nasce nel 1999). Di seguito viene riportata l’intervista in merito all’esperienza di “Passaggio Chiave” con riferimenti anche a tutta l’attività svolta dagli anni Ottanta di Alpiteam. Probabilmente tutti conoscono Alpiteam, eppure, per l’utilità di questa intervista, penso sia importante avere da te una definizione.
“Alpiteam è una scuola di alpinismo del CAI nata ufficialmente (e con contrasti in seno al sodalizio) nel 1985 con l’intenzione di offrire il proprio organico di istruttori e la propria esperienza tecnico-didattica a tutte quelle sezioni lombarde che non avevano una scuola di riferimento.
Alpiteam non appartiene ad una specifica sezione, sebbene sia ospitata presso la sede CAI di Bovisio Masciago, ma fa capo al Raggruppamento Regionale e Lombardo e partecipa alle riunioni degli organismi tecnici lombardi. Ha un suo statuto, un suo direttore (INA Angelo Pozzi), il sottoscritto (IA) come direttore dei corsi e un organico di istruttori e accompagnatori, titolati ed aiuto. Il suo intendo è di offrire le proprie e competenze tecniche al territorio lombardo.
Come nasce l’idea ad Alpiteam di supportare le attività di montagnaterapia?
“Negli anni Ottanta (1986), sulla scia dell’esperienza di un nostro istruttore che faceva l’educatore presso la comunità Arca di Como, ambito dipendenze patologiche, siamo stati coinvolti come scuola di alpinismo ad accompagnare i ragazzi della comunità in montagna. Da singole uscite abbiamo, in seguito, organizzato il primo corso di alpinismo per la comunità nel rispetto del regolamento della Commissione Scuole di Alpinismo regionale. Quindi la nostra intenzione era quella di organizzare semplicemente un corso di alpinismo per persone con fragilità. L’obiettivo, certo, non era fare montagnaterapia; il nostro ruolo era tecnico. Nel corso degli anni (ogni anno un corso), attraverso questa esperienza, ci siamo accorti che oltre all’aspetto didattico e di accompagnamento in ambiente alpino, si creavano delle relazioni interpersonali significative. L’andare in montagna e l’insegnamento di una tecnica diventavano opportunità e occasione di costruire nuove relazioni, soprattutto per i ragazzi. Ci siamo accorti, parlando soprattutto con Don Aldo Fortunato, fondatore della comunità terapeutica, quanto fosse educativa tale esperienza, quanto fosse arricchente anche per noi. A seguito di tale riflessione abbiamo ritenuto fondamentale che ci fosse un educatore durante le uscite. Le escursioni, le arrampicate e l’attraversamento di ghiacciai erano (e sono) il “setting terapeutico”, il luogo di esperire e vivere emozioni e significati su cui poter elaborare vissuti e valutare scelte future. Perché tutto quello che avveniva nelle uscite era materiale educativo utile al percorso terapeutico del ragazzo. Il corso di alpinismo e il per-corso residenziale si incrociano, dialogano, si distanziano e poi si riavvicinano, dando ai ragazzi strumenti e opportunità per riflettere su di sé, di ritrovare spazio per la parola e giungere ad un discorso più concreto e di scelte rivolte a possibili cambiamenti. È importante che un educatore venga alle nostre uscite e veda cosa avviene, capisca le dinamiche, osservi quali sono gli stati d’animo dei ragazzi. Questa è forse la prima esperienza di “montagnaterapia”, dove il setting educativo si svolge all’esterno della comunità terapeutica e poi ivi riportato. In questo senso, l’esperienza di montagnaterapia nasce per noi, in modo più strutturato e via via modificato, implementato, arricchito, con la genesi dell’idea di Passaggio Chiave nel 2013”.
Come nasce “Passaggio Chiave”?
“Parlando con l’amico Giuliano Fabbrica, un giorno autunnale del 2012, camminando in montagna, ci siamo chiesti: ma perché non portiamo la nostra esperienza vissuta con l’Arca di Como ad altre comunità che si occupano di tossicodipendenza? Io lavoro da anni nel settore come educatore e conoscevo già alcune realtà che organizzavano piccole esperienze di accompagnamento dei loro ragazzi in montagna. Così ho iniziato a prendere contatti, prima con Gianni di Dianova, poi con Fabiano del Molino e, passa parola, con altre realtà. Ci siamo così incontrati a Monza nella sede del Ser.t. di Monza iniziando a riflettere su quanto avevamo in testa, che visione e quali prospettive educative ci attendevano. Intanto si pose il problema dell’identità, di quale nome dare al gruppo; un nome che fosse simbolico del discorso che stavamo iniziando. Il nome Passaggio Chiave nasce da questo confronto e io ho spinto perché fosse scelto: è un termine alpinistico per definire un passaggio difficile in arrampicata, la chiave di svolta che risolve con successo la salita. L’andare in montagna è uno strumento educativo per coloro i quali stanno sperimentando nelle comunità terapeutiche, nei servizi, nei centri diurni, la possibilità di affrontare faticosamente i loro passaggi chiave nel mettere in discussione la loro dipendenza dalle sostanze, da ciò che li ha bloccati nella loro esistenza. Aggiungo che abbiamo partecipato come relatori al convegno nazionale di montagnaterapia a Cuneo nel 2014”.
Come si svolgono le attività di “Passaggio Chiave”?
Le uscite di Passaggio Chiave, decise di anno in anno, sono frutto di un coordinamento interno fra Alpiteam e le comunità/servizi che aderiscono a questa iniziativa. Periodicamente si incontrano i referenti di ogni realtà. In queste riunioni si riflette sul senso educativo e sul valore delle uscite che sono tendenzialmente escursionistiche, con qualche arrampicata in falesia. Si decidono progetti, si discutono problematiche, si fa il punto della situazione. Alpiteam in quanto organo tecnico valuta la fattibilità delle escursioni. (Alpiteam, intanto, continua anche a organizzare il corso di Alpinismo per la comunità terapeutica Arca di Como). Sono ovviamente le comunità a decidere quanti e chi sono i ragazzi che da un punto di vista di percorso comunitario possono partecipare alle escursioni. Le uscite sono percorsi paralleli al cammino fatto in comunità dal ragazzo. Per questo si chiama montagnaterapia. Non perché la montagna “guarisca”, ma perché l’andare in montagna è strumento pedagogico nel percorso di cura all’interno della comunità. Il lavoro terapeutico, che ogni comunità terapeutica compie, come dicevo sopra, avviene prima, durante e dopo la gita. Abbiamo anche organizzato trekking di cinque giorni: la via Francigena toscana nel 2016, da “Zero a Tremila” partendo dal mare per giungere in vetta al Gran Sasso nel 2017, “Sentieri di guerra, sentieri di pace” nel 2018, attorno alle Tre Cime di Lavaredo. Tutto il lavoro pedagogico è stato fatto sia durante i trekking e poi singolarmente nelle Strutture. Inoltre, come Passaggio Chiave, abbiamo organizzato un convegno tre anni fa a Monza e quest’anno, il 15 novembre, ne organizziamo un altro. Questi convegni sono per gli addetti ai lavori dei servizi sociosanitari, sono momenti di riflessione e di proposta con un tema condiviso.
Per le attività di Passaggio Chiave vi è un contributo economico del CAI Lombardia e del CAI Centrale e con tanta fatica anche le comunità destinano un loro budget. Abbiamo poi un grandissimo sponsor che è Sergio Longoni con Sport Specialist”.
Quali sono le chiavi di successo della durata delle attività di montagnaterapia di Alpiteam?
“La passione, l’amicizia, l’amore per la montagna, il voler trovare sempre idee nuove e la scoperta di poter dare a chi ne ha più bisogno un pizzico di solidarietà, ma soprattutto di rendersi conto che siamo stati arricchiti attraverso la relazione con coloro che vengono ritenuti “devianti”. Anche il riconoscimento che negli anni abbiamo avuto (Premio Marcello Meroni) e la considerazione per il nostro operato, nato in silenzio e che man mano ha dato voce al valore della solidarietà di cui è portatore il CAI.
Da un punto di vista assicurativo per l’accompagnamento, quali sono le novità in base alle nuove direttive pubblicate il 1° aprile 2019?
“Sin dall’inizio abbiamo deciso di rendere soci CAI tutti i ragazzi che si iscrivevano al corso per avere copertura assicurativa. Successivamente abbiamo scoperto che sulle patologie certificate non c’era alcuna copertura. È stato formato un gruppo di lavoro (di cui facevo parte) su richiesta del CDC del CAI Centrale, il cui obiettivo era quello di elaborare delle linee guida riguardanti le attività di montagnaterapia che da anni si svolgono in tutta Italia e sulla base di queste poter poi intervenire con un’assicurazione a copertura anche dell’infortunio e non solo per la RC. Dal 1° aprile 2019 chiunque fa attività di montagnaterapia ha una copertura assicurativa. Tali attività devono rientrare nei programmi sociali delle sezioni CAI in collaborazione con i committenti, cioè fra chi chiede l’intervento tecnico ad esperti di montagna. In base al progetto condiviso fra la sezione e la comunità/ente si fa richiesta di una copertura assicurativa. Se i ragazzi e gli educatori che partecipano al progetto non sono soci la quota è di 6 € al giorno, se sono soci pagano 3€ al giorno (per i soci il CAI Centrale interviene con il 50% della quota). Sono assicurazioni giornaliere, ad uscita.
Un consiglio pratico ad una sezione che desidera approcciarsi alle attività di montagnaterapia per la prima volta; cosa diresti loro?
1. Perché vogliono svolgere tali attività? Qual è il senso della scelta?
2. Di formarsi e informarsi (per chi già non lo fosse)
3. Di progettare con puntigliosità il programma e in rete con il committente (servizi…)
4. Di essere consapevoli che il luogo in cui effettuare uscite e altro è l’ambiente alpino
5. Che la montagna deve essere tutelata e rispettata, quindi frequentata come ospiti e non da padroni. E questo vale per tutti
6. La montagnaterapia è anche cura della montagna. La montagnaterapia è dialogo e rispetto reciproco.
Salire n° 21 Giugno 2019 , trimestrale CAI Regione Lombardia