La quarta uscita del Corso di Alpinismo con la Comunità Arca di Como si è svolta sotto la neve (siamo ad Aprile) mentre si raggiungeva il Rifugio Tavecchia in Valbiandino.
foto e racconto: Rifugio Tavecchia
La quarta uscita del Corso di Alpinismo con la Comunità Arca di Como si è svolta sotto la neve (siamo ad Aprile) mentre si raggiungeva il Rifugio Tavecchia in Valbiandino.
foto e racconto: Rifugio Tavecchia
Per una “Pedagogia della montagna” … le riflessioni continuano. Di seguito riportiamo il contributo di Gianni Carrino (istruttore sezionale alpiteam)
La montagna non cura, educa! Per una Pedagogia della Montagna.
Così come nell’antica Grecia i maestri avevano la funzione trasmissiva verso gli allievi, anche la montagna assolve questa funzione. Allo stesso tempo la montagna non cura, dove il “non” sta per negazione, ed i “no” aiutano a crescere. Nel rapporto “maestro” (la montagna) ed allievo (i frequentatori) avviene l’atto di educare, l’ex – ducere, ovvero “tirar fuori”.
La montagna educa e i frequentatori prestano attenzione ad essa, sono premurosi, se ne prendono cura. Curare l’ambiente, in generale, e quindi anche la montagna, è un atto che trascende noi stessi, un atto di generosità verso ogni essere. Il prendersi cura di qualcosa e/o di qualcuno è altresì un agire educativo. Un modo per abbandonare l’”io” e il “mio” per coltivare il “noi” e il “nostro”.
“La montagna mi ha insegnato a non barare, ad essere onesto con me stesso e con quello che facevo” così scriveva Walter Bonatti (alpinista, scrittore ed esploratore) in Montagne di una vita. È probabile che Bonatti avesse già in mente la “pedagogia della montagna” o semplicemente ha vissuto l’andare in montagna come “mezzo per far crescere l’uomo che è in noi” (W. Bonatti, Una vita così).
La montagna è un ambiente particolare che parla attraverso l’enormità di silenzio che la circonda. Il silenzio impone i suoi ritmi che non sono i nostri usuali, così come il camminare in montagna ha allo stesso modo dei ritmi e delle soste. Il silenzio ci richiama l’occasione di fermarsi, di riflettere, di entrare in contatto con noi stessi e con alcune parti di noi sopite dalla velocità. La montagna parla di lentezze e di ritmi rallentati. La montagna esprime purezza, è un terreno spesso incontaminato, vergine, è ricca di natura che cresce libera e selvaggia o che resta immutata, come le rocce. Molti luoghi che poi raggiungiamo parlano della bellezza: grandiose visioni, improvvisi incontri, orizzonti infiniti. La montagna parla della nostra capacità di ascoltare, di sentire e di provare vissuti e sensazioni (Un contesto pedagogico, Fabiano Gorla).
In educazione un’attenta scelta del contesto in cui andiamo ad operare molto importante, detto con le parole del filosofo dell’educazione e pedagogista Riccardo Massa: “il contatto con l’elemento naturale non si limita ad essere un ingrediente, seppur irrinunciabile; è al contrario il riferimento nodale, il nucleo dal quale traggono spunto e sul quale si innestano tutte le attività”.
G.C.