Passaggio Chiave al Rifugio Omio

Domenica 5 agosto la rete Passaggio Chiave, accompagnata da alpiteam, si è recata al Rifugio Omio.

Il Rifugio Omio appartiene alla SEM -Società Escursionisti Milanesi- che lo edificò nel 1937 in memoria di Antonio Omio, perito il 16 settembre 1935 per assideramento durante la discesa dalla Punta Rasica in Val di Zocca. Sorge al centro dell’anfiteatro della Valle dell’Oro, base ideale per ospitare corsi di roccia per le salite alla Punta Sfinge, Pizzo Ligoncio, Punta Milano, Pizzi dell’Oro, Cime del Calvo, Punta Fiorelli, Punta Medaccio. Poco distante dal rifugio, a circa 15 minuti di cammino, è presente la struttura Rockylandia, ideale per l’arrampicata sportiva. Il Rifugio Omio è un punto strategico nelle traversatedalla Val dei Ratti, dalla Val Codera, dalla Val Merdarola, alla Val Porcellizzo, tappa del Sentiero Walter Bonatti e della celebre Trail Running “Kima” sul Sentiero Roma. Numerosi sono i punti di interesse naturalistico sui percorsi da e per il Rifugio, senza dimenticare la possibilità di trascorrere momenti irripetibili di pace e tranquillità in un ambiente unico ed in un clima famigliare e cordiale. Il Rifugio Omio dispone di 30 posti letto, pertanto si consiglia di prenotare o di verificare la disponibilità.

foto di Alvaro: Rifugio Omio

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Il giorno dell’Ovest di Gabriele

Due agosto 2013 (di Beppe Guzzeloni)

Attendevo il due che  s’inchioda a quel giorno. Il giorno dell’ovest di Gabriele, del tramonto di un amico, inizio di un vuoto. La notte che lascia il giorno.

Un mese.

Quante esistenze in un mese che mi sono strisciate accanto, quante braccia allargate in accoglienza di un futuro, quanti sguardi incappucciati e timorosi, imbavagliati da un passato ladro di speranze;

quante mani nelle mani, quanti dove e quando, anche senza perché.

Il due mi provoca estraneità a quanto di umano avviene. Mi taglia l’orizzonte, mi nasconde gli appigli, incerto il passo, strapiombanti i giorni.

Vivo un solo lato del mio tentar la vita, l’indietro. Scavo nel due, giorno delle ultime parole di Gabriele, come tormentato dal desiderio di fermare il tempo, di estirpare quel numero come pianta velenosa, eliminare qualsiasi combinazione aritmetica, qualsiasi operazione, con l’unica certezza matematica: il due mi ha tolto il sorriso.

Ma soprattutto il due mi tortura con delle domande e mi sbarra la strada a qualsiasi risposta, a qualsiasi fuga. Il due è esigente, chiede tempo, impone passaggi obbligati su appigli levigati dal dolore di Liliana, Samuele, Nausicaa, di tutti gli amici.

Il due chiede equilibrio, la difficile arte di collocarsi su appoggi sufficienti alle punte dei piedi, mentre il corpo si sporge sul davanzale della verticalità, sedendosi sul vuoto.

Il due non teme il vuoto, perché me lo ha sbattuto in faccia affidandolo alle mie mani, mentre il Lele se ne nutriva spiccando il volo.

Il due si è mangiato tutti i numeri, mi ha tolto il gusto di contare; non c’è più somma né sottrazione.

Questo è il mese che ho vissuto, barcollando. La notte ha pervaso le mie giornate.

Ma oggi è giorno. L’est s’affaccia lentamente. Il due ha bisogno di un appoggio, non può restare padrone di se stesso. Il due ha senso se indietro c’è l’uno e davanti il tre, il passato e il futuro.

Il futuro è costruzione di numeri, di combinazioni numeriche, di creatività e voglia di vivere e di contare i giorni.

Gabriele, con  la sua storia, i suoi anni vissuti, i suoi tormenti, è stato la somma dei suoi giorni.

Il due solo un passaggio mancato.

Gabriele vive e vivrà nei miei giorni.

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Volo

Volo di Beppe Guzzeloni

“Volo” ! E’ l’ultima parola che ho sentito pronunciare dal Lele, mentre, perso l’appiglio su una variante carogna,ha iniziato a vivere gli ultimi istanti della sua vita.

“Volo”! Parola pronunciata senza angoscia, senza terrore, ma solo per avvisarmi perché lo tenessi.

“Volo”: pochi istanti, un forte strappo sul mio imbrago, le corde che scorrono nelle mie mani, io che tengo. Silenzio. “Lele,Lele” urlo forte con la speranza di sentire qualcosa. La stessa cosa fa mio fratello Virginio. Entrambi legati alle sue corde. Silenzio. Non sentirò mai più la sua voce. Chiamiamo subito il Soccorso Alpino che in poco tempo ci raggiunge.

Lele è appeso al mio imbrago, al mio corpo. Resisto. Riesco a rinforzare la sosta con tre chiodi. Non posso muovermi.

Ho appeso al mio corpo, al mio cuore, ai miei sentimenti ,alla mia anima, al mio dolore, 65 anni di storia di Gabriele. Gran parte di essa non l’ho conosciuta, ma questi ultimi 4/5 anni di frequentazione assidua, soprattutto in montagna, mi hanno dato la possibilità di conoscere il valore della persona, la sua sensibilità intellettuale, la preparazione culturale, la passione umana per le persone, il valore alpinistico maturato, credo, in più di 40 anni di frequentazione delle montagne: pareti, creste, canaloni, speroni, pilastri…

Lele è appeso al mio imbrago. Il peso del suo corpo si somma al mio dolore, al dolore  potente di Liliana, di Samuele e di Nausica; al dolore dei suoi amici più cari, più stretti: il Baffo, il Babbo, Marcello; gli istruttori di Alpiteam, di cui Gabriele è stato l’ispiratore e fondatore con Giuliano, Felice, Elia, Franco,Kocis. Sento il dolore di tutti gli amici che non conosco. Inoltre sento diffuso un senso di responsabilità. Destino? Fatalità? Errore?

Lele amava le montagne, le grandi montagne e le grandi salite. Dalle alpi occidentali alle dolomiti, passando da quelle Centrali. Le spedizioni in Perù alla traversata delle Alpi, l’anno in cui è andato in pensione.

Arriva il Soccorso Alpino, constata ciò che già sapevo. Taglia la corda che ci teneva ancora uniti. Taglia quel cordone ombelicale attraverso il quale Gabriele mi ha arricchito di valori, gran parte dei quali vissuti con lui e riscoperti attraverso di lui: l’alpinismo e l’amore per le persone.

Dopo il taglio della corda mi sono sentito alleggerito, ma non liberato. Non voglio liberarmi dell’amicizia di Gabriele. Io e, credo anche tutti voi, mi sento ancora legato alla sua corda. Voglio restare legato alla sua corda, per il resto dei miei anni. Frequenterò ancora le montagne nei modi che riterrò opportuni e sicuri, nel rispetto dei sentimenti di mia moglie, dei miei fratelli e degli amici. Continuerò a fare l’istruttore d’alpinismo in base alle mie capacità, ma arricchite da questa esperienza: essere legato alla corda del Lele.

“Volo” è l’ultima parola che mi ha detto. “Volo” per il cielo. E ti, Guzz, fa minga el pirla, che mi guardi giò.

Ciao Lele.

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Chiusura corso 2018

Il corso 2018 si è chiuso con tre giorni dal 27 al 29 luglio, tra cultura walser (Gressoney la Trinitè) e salita al Breithorn occidentale (4165mt).

La prima giornata è stata dedicata alla cultura walser visitando una casa rurale (museo walser di Gressoney la Trinitè), la seconda giornata è stata dedicata all’arrampicata, escursionismo (raggiungendo il rifugio Oriondè) e alla ferrata Valturnanche, e alle tecniche di salita su ghiaccio. L’ultima giornata è stata tutta per il Breithorn che rappresenta la prima salita di un 4000 per gli allievi, momento da sempre particolarmente ricco di emozioni.

Prima dei saluti c’è stato un momento di riflessione sul corso e un arrivederci ad ottobre, per la festa finale e consegna degli attestati.

foto di Alvaro: primo giorno – secondo giorno – terzo giorno

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